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Il 24 novembre 1956 moriva, in una sciagura aerea a Orly, Guido Cantelli, il giovane musicista novarese che da una settimana appena era stato nominato direttore stabile dell'orchestra del Teatro alla Scala. Milano e il mondo intero perdevano, in quella notte piovosa, il successore di Toscanini e De Sabata e, insieme, il maestro "dei tempi nuovi" (come lo definì Massimo Mila, forse il maggiore musicologo italiano), osannato in vita nei teatri d'Europa e d'America e considerato oggi dalla critica uno dei direttori più significativi del Novecento. Quando morì, Cantelli aveva solo trentasei anni e ancora tanta strada, tanti concerti, tanti successi davanti a sé. Sappiamo bene che la storia non si fa con i se e con i ma, per cui è ozioso domandarsi che cosa sarebbe diventato se fosse vissuto più a lungo, come per esempio i quasi coetanei Bernstein, Giulini, Sawallish o lo stesso Karajan, che era di una dozzina d'anni più anziano. Ugualmente, però, è difficile scrollarsi di dosso una sensazione di ingiustizia e di amarezza per quella bacchetta spezzata così brutalmente...